«Cara Daniela Santanchè, le scrivo questa cartolina per farle i complimenti perché in questo periodo di passioni deboli, lei dimostra un sentimento forte: un attaccamento davvero senza pari. Che poi l’attaccamento sia alla poltrona, è una questione secondaria: c’è chi si affeziona ad un animale domestico, chi ad una squadra del cuore. Lei, evidentemente, è affezionata alla cadrega»: lo scrive Mario Giordano su La Verità. E intinge la penna nel curaro: «Come disse il suo ex maestro Paolo Cirino Pomicino: “Daniela non è appassionata di politica, è appassionata di potere”. (…) lei stessa chiedeva dimissioni a raffica. Le chiedeva subito, immediate, anche per questioni assai meno rilevanti di un rinvio a giudizio per falso in bilancio: voleva, per esempio, il passo indietro dell’allora ministro Josefa Idem per un banale errore in una dichiarazione Imu, del sottosegretario Manlio Di Stefano per aver confuso Libia e Libano, del presidente Pasquale Tridico per un problema tecnico dell’Inps, della vicepresidente Cariplo Paola Pessina per un insulto alla Meloni (…) Sarebbe facile accusarla di incoerenza, ma nessuno ha capito che da quando lei è diventata ministro è cambiato tutto. Ora ci sono le dimissioni a punti: anche se arriva un rinvio a giudizio, c’è il bonus. Sia chiaro: noi continuiamo a ritenere, come riteneva lei un tempo, che sarebbe meglio che i ministri pensassero prima al bene del Paese che al loro. Come fanno all’estero dove ci si dimette anche per molto meno: una bugia sulle vacanze, per esempio, o un antico plagio nella tesi di laurea…»