L’uomo, sin dai tempi più antichi, ha sempre sentito il bisogno di affidarsi a un dio, o a degli dei, cercando in essi il conforto di cui necessitava. Ora, soprattutto tra i giovani, non sembra più essere così: il più delle volte si pensa di cavarsela da soli, senza ammettere di essere debole e fragile davanti alle difficoltà. Allo stesso tempo la presenza di numerosi movimenti religiosi sembra indicare che esiste anche un grande desiderio, attraverso un cammino spirituale, di trovare se stessi. Una continua ricerca, dunque, in luogo di una ferma certezza.
Da una indagine condotta tra i giovani dai 18 ai 29 anni, è emerso che c’è un indebolimento nel rapporto con le chiese, ma non nell’interesse ai temi del Sacro. Quindi diminuiscono i praticanti, mentre aumentano nettamente i «credenti che non si identificano in una chiesa». Diminuisce notevolmente, infine, la quota di giovani che si definiscono cristiani cattolici. La crisi coinvolge pienamente la Chiesa: raddoppia infatti la percentuale di coloro che dicono di non avere alcuna fiducia in essa (giungendo fino al 30% degli intervistati) e che è troppo lontana dai veri problemi. La Chiesa stessa, negli ultimi anni, è spesso stata al centro di dibattiti per le sue prese di posizione. Ora estremamente conservatrici, talaltra eccessivamente progressiste: una “colpa” che i media attribuiscono sempre più spesso proprio a Papa Francesco. Forse anche per questo, alcuni giovani si allontanano dalla religione, perché la ritengono troppo lontana dalla realtà odierna.
Secondo altri, sono i giovani ad essere diversi, è cambiato lo stile di vita delle persone. Prima i ragazzi erano più semplici e quindi riuscivano a vivere seguendo parametri abbastanza restrittivi. Oggi la vita è sregolata, più aperta e più ricca di opportunità ed è facile distrarsi. Inoltre la maggior parte delle figure religiose riscuote poco consenso nei giovani: se frati e suore mantengono credibilità almeno per il 40-50% del campione, decisamente molto più in crisi la fiducia nei confronti di sacerdoti (30% circa) e vescovi (20%), forse perché le loro figure vengono identificate con una serie di privilegi che i giovani non comprendono o accettano malvolentieri.
Le figure di riferimento della Chiesa cattolica conquistano la fiducia totale solo tra i cattolici praticanti, mentre due non credenti su cinque mostrano molta più fiducia nei confronti di altre figure spirituali come, ad esempio, i monaci buddisti. Sappiamo tutti che la fede è un valore che si costruisce soprattutto con la tradizione, almeno per quanto riguarda l’Italia. Infatti, il fatto che da ormai duemila anni l’Europa sia cristiana, influisce molto sull’accettazione di questa dottrina da parte della popolazione e pochi – soprattutto tra i ragazzi – si pongono seriamente il problema di cosa significhi credere in Dio e del perché lo si faccia, ma lo accettano perché lo fanno tutti. La categoria che va per la maggiore, è quella di coloro che dicono «Io credo, ma non vado mai in Chiesa». Praticamente non vogliono fare lo sforzo di prendere parte alle funzioni, ma non osano negare l’esistenza di Dio.
Tra coloro che si dicono credenti, quindi, rimane una miriade di giovani che della religione non sa assolutamente nulla, che non si è mai posta problemi in merito, che conosce a malapena due preghiere da sfoderare a Natale o a Pasqua, ma che, nonostante tutto questo, si dice religioso. È la religiosità-fai-da-te, in aumento non solo tra i giovani, ma anche tra i meno giovani di tutto il mondo. Insomma: la profezia del Papa Emerito Benedetto, che aveva (pre)visto una Chiesa in serie ambasce, destinata a ricominciare pressappoco da zero, non sembra molto al di là da venire. E questo nonostante tutti gli sforzi e le continue aperture di Francesco.