«Canzoni piatte, voti piatti. Mi adeguo. Forse sarà anche colpa del fatto che quest’anno ci sono sempre gli stessi 11 autori per due terzi dei brani: tutta questa omogeneità porta a un appiattimento generale. Ormai è una tendenza al Festival… È un Festival a zero tasso rock. E con una quota limitatissima di cantautori: solo Brunori e Lucio Corsi. Poi abbiamo dei rapper che si adeguano al tono medio e mainstream della kermesse, per niente trasgressivi: il famigerato Tony Effe canta una stornellata che non fa male a nessuno. Tutto il resto — l’80% delle canzoni — viaggia su un linguaggio familiare popolare e colloquiale, ormai lontano dal vecchio stile della canzonetta. Emergono solo 3-4 casi in questo panorama medio-piatto»: il professor Lorenzo Coveri dell’Accademia della Crusca sul Corriere da i voti alle canzonette di Sanremo. Salva Brunori Sas («Gli ho dato 9»), il rapper Shablo («Tra il 7 e l’8»), un po’ meno Simone Cristicchi («7»). Stronca Modà («4»); Elodie («5»): «Testo pessimo, come se parlasse a telefono. Prosa di una banalità sconcertante: nelle parole non c’è ritmo, magari ci sarà nella musica». Mentre Giorgia prende la sufficienza «solo perché è Giorgia» e Marcella Bella e Massimo Ranieri vanno giù in picchiata («5, ma solo perché è Ranieri»». E Fedez? Coveri è tranciante: mi cascano le braccia, deprimente…