Maria Rosaria Sforza
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- Una storia che potrebbe essere lo struggente testo di un brano: e poi cosa accadde?
Stranamente, con la sua morte scomparve da casa anche il materiale che mi aveva spedito con tanto amore. Fatto ancora più strano, quando abbiamo scelto di festeggiare i 50 anni di attività con il cofanetto “Dietro un grande amore” me lo sono ritrovato davanti agli occhi. Era rimasto a impolverarsi sul primo scaffale della credenza, vale a dire davanti agli occhi dell’intera famiglia. Usare le sue canzoni per celebrare quella meta è stata pura felicità.
- Perché oggi trovare buoni autori è un’impresa.
Per carità… Ai miei tempi era un altro andare. C’erano poeti puri. E scrivevano tenendo a mente le caratteristiche dell’interprete. Gigliola Cinquetti aveva i suoi autori, così come Iva Zanicchi. E Mina e io non eravamo da meno. Oggi sono rimasti i cantautori. Ma se hanno una canzone buona chiusa nel cassetto, se la cantano da soli. Allora meglio affidarsi agli evergreen, per non rischiare la lagna.
- Non è lagnoso anche ribadire che il passato era migliore?
Ma non è questo che voglio affermare. Capisco che i tempi erano profondamente diversi. Noi interpreti avevamo a disposizione decine di canzoni fra le quali scegliere. Oggi è tutto marketing e computer.
- E i suoi colleghi? Qual è il loro parere al proposito? La pensano allo stesso modo?
E chi li vede? Questa è un’altra favoletta raccontata dai giornalisti. Si pensa e si scrive che fra artisti nascano delle amicizie, invece non c’è nulla di più complicato. Ma non è questione di antipatie: semmai di mancanza di tempo disponibile. Ho fatto decine di tour internazionali con Umberto Tozzi, Massimo Ranieri, Claudio Villa… ho condiviso centinaia di “Canzonissime” con Patty Pravo, Iva Zanicchi, Gigliola Cinquetti. La cantilena è stata sempre la stessa: vediamoci anche fuori dalle scene. Poi il lavoro ci portava fatalmente altrove.
- Qualcuno, come Mina – che pochi quanto lei conoscono in maniera approfondita – è addirittura sparita…
È stata un’ottima scelta: una decisione che le ha concesso di durare in eterno. Intorno a lei si è creato un alone di curiosità e di mistero. Che merita. In più, era davvero stanca di fare la prima donna. Io ho cominciato con una sua canzone (“Il cielo in una stanza” ndr): la incrociavo negli studi televisivi e spesso condividevamo le lunghe ore delle prove… A ripensarci, si: era davvero stanca del suo ruolo.
- D’altronde oggi la “musica” si costruisce in televisione
«Capisco cosa intende dire… La mia generazione ha avuto la fortuna di vivere un’Italia che stava fiorendo. Noi abbiamo provato a dare il nostro contributo. Oggi è cambiata la scena. Una come Mina, la più grande artista del mondo, rischierebbe di passare inosservata in qualche sciapo talent show. Da quelle parti riescono a valutare tutto fuorché il vero talento canoro».