In Vaticano sarebbero in imbarazzo, perché non sanno come giustificare le sparate del pontefice, da quella sulle “checche” all’ultima sul “chiacchericcio” come “roba da donne”: lo scrive Dagospia.
Gli hater porporati di Bergoglio lo descrivebbero come in preda a un “delirio di onnipotenza”, un “vecchio peronista latino-americano”, uno “che fa come vuole sapendo che non gli accadrà nulla”, “interessato solo alla visibilità sui giornali” (…)
(In questo clima è arrivato l’attacco di Meloni a cardinale Zuppi)
Il presidente della CEI, continua Dagospia, è il candidato naturale a raccogliere il testimone del pontefice argentino, incarna un ideale di Chiesa progressista e, da buon bolognese, ha anche un ottimo rapporto personale con Romano Prodi. L’affondo di Zuppi contro il premierato, condito da una dura risposta stizzita da parte di Giorgia Meloni ha contribuito a dare al cardinale un’aura di bergogliano ortodosso.
La sua eventuale elezione al soglio di Pietro appare blindata dall’attuale composizione del Collegio cardinalizio dove su 137 cardinali elettori che dovranno decidere chi sarà il prossimo pontefice, 99 sono stati nominati da Bergoglio.
La partita, dunque, sembra già scritta, eppure i catto-conservatori d’Oltretevere coltivano ancora una speranziella: confidano nella “libera uscita” dei cardinali bergogliani una volta che il Papa sarà passato a miglior vita. Quando, come si suole, verranno dati tre colpi di martelletto sulla fronte del Pontefice deceduto per accertarne il trapasso, non ci sarà più il “Sovrano assoluto” dello Stato vaticano a comandare. A quel punto, sperano i cardinali di destra, i nominati da Francesco potrebbero sentire di avere le mani libere e mettere il loro voto nuovamente in gioco, lasciando allo Spirito Santo la responsabilità di incanalarlo.