Jovanotti: «Ero timido e maschilista: poi ho incontrato Francesca»

Ormai a New York è di casa, suona in giro per i locali e ha pubblicato un cd, pensa già al tour negli stadi e nel frattempo celebra le nozze d’argento con la musica. Lorenzo Cherubini, in arte Jovanotti, festeggia 25 anni di carriera con «Backup» il best con 9 inediti e in 4 formati. «Mi sento un po’ il Pierino delle note, nato in un’altro pianeta» dice. “Backup Lorenzo 1987-2012” è disponibile 

in versione “Standard” con due cd, “Deluxe” con quattro cd, “Megabox” con sette cd e Digital Download. La versione “Megabox” contiene sette cd, due dvd e una chiavetta Usb con l’intera discografia di Lorenzo. Per la prima volta in 8 giga tutte le canzoni pubblicate dal 1987 a oggi, il “Backup” di 25 anni di lavoro in studio e dal vivo. Nella versione “Megabox” anche “Photobackup” il libro delle foto e “Gratitude”, il racconto scritto da Lorenzo.

Rewind 2016_2023 Articolo pubblicato su Napolinotte nel 2017 
  • Si è impressionato a vedere stampata sulla copertina del suo cd la scritta “25 anni”?

Quando ho avuto questo disco in mano ho avuto una grandissima soddisfazione perché ho pensato che sono riuscito a non ripetermi mai, senza perdere di vista la semplicità nel mio approccio con la musica e senza cadere nel linguaggio complicato per l’ansia di rinnovarmi. A volte, lo ammetto, non sono riuscito a trasmettere la “semplicità” ma in generale ce l’ho fatta.

  • Qual è, se esiste, il segreto delle sue canzoni?

La verità e anche la potenza del linguaggio pop che si tramuta in una galleria di specchi. Il pop rimanda a un altro pop, una melodia all’altra in un gioco infinito di citazioni, come fossero le impronte del piede uguali sulla sabbia. La bellezza della musica è la possibilità di creare e mescolare altri linguaggi. So che questo non è il solito schema con cui i cantautori fanno musica.

  • È vero che si definisce un cantante poco musicale?

Esattamente. Se penso a Guccini e De Gregori sono grandi maestri nati in un’altra epoca, quella pre-digitale. Loro hanno una coerenza assoluta nel suono. Guccini è sempre Guccini, in qualsiasi anno tu lo ascolti fino all’ultimo recente album “L’ultima Thule”. Io mi sento un Pierino della musica, nato in un altro pianeta che non è la Terra. Guardo alla musica come fosse un piccolo chimico, andando oltre lo schema voce/chitarra. Mi sento figlio della nostra epoca e non rinnego di essere un dj.

  • Esiste un progetto che la vedrà di nuovo vestire i panni del dj?

Certo. Ho un progetto artistico per il futuro, una formula originale che potrebbe far impazzire tutti. Io lancio l’amo e poi vado a recuperare le idee. Il mio percorso musicale nasce da una intuizione primordiale, avuta da ragazzino. Ero attratto dall’idea di essere un dj, era il mio posto nel nuovo mondo, come essere una rockstar al centro della scena.

  • Era timido?

Molto e fare il dj aiuta ai timidi a riconnettersi con la realtà circostante.

  • Ha dichiarato che dopo l’incontro con sua moglie Francesca, la tua musica è cambiata…

L’amore è un sentimento meraviglioso e inevitabilmente ti cambia. Io prima di incontrarla vivevo in un clima maschilista e cameratesco. Una donna non poteva entrare in studio di registrazione. Ma è sempre stato così nella storia della musica fino all’avvento di Yoko Ono nella vita di John Lennon. Da quando ho incontrato Francesca, ho iniziato a scrivere pensando a lei. Ho scoperto lo stupendo universo femminile.

  • Tra i giovani artisti c’è qualcuno che l’ha colpita in modo particolare?

Nesli, è molto bravo. Però penso che se facesse qualcosa con suo fratello Fabri Fibra sarebbe una miscela pazzesca! Il rap con il pop e con due grandi talenti.

  • Pronto per il tour negli stadi di giugno e luglio?

Parleremo un linguaggio “da stadio”. Stiamo facendo riunioni su riunioni per mettere a punto lo show e ho anche curiosato tra diverse mostre d’arte contemporanea per qualche spunto. Un live allo stadio o lo fai con niente, come Springsteen, che è perfetto, oppure con tutti gli ingredienti dello spettacolo con al centro la musica. Avremo una scaletta micidiale che prende spunto da “Backup”. 

  • Dopo 25 anni di carriera che sensazione ha?

«Che non è iniziato un bel niente. C’è sempre stato o è tutto da inventare».

  • La conquista delle Americhe

«Me ne sto in America da un bel po’, ma non sono certo andato a prendere l’Oscar o le copertine dei giornali» racconta Lorenzo Cherubini. Sto suonando nei club, dove all’inizio venivano solo italiani: piano piano la percentuale degli americani è cominciata a salire, poi ci sono stati i festival: è quello che cerco. È stimolante e divertente. Cinque anni fa mi dissero: andiamo a fare un concerto a New York. A me suonava male, perché lo so come succede in questi casi, è il contentino di fine tour, tanto per fare un bel comunicato stampa ad effetto. Mi dissi: vabbè facciamolo lo stesso, andiamo a vedere. Mi resi conto che era proprio quello, una vacanza premio, e allora dissi all’agente americano: guarda, va bene, ci siamo divertiti, ma perché non facciamo una cosa diversa? Io in fondo nasco proprio qui, perché vengo dal rap. Mi rispose: proviamo. Presi la famiglia, e poi Saturnino e Riccardo Onori che sono la mia famiglia musicale, e abbiamo cominciato a suonare nei club. Lo facciamo da tre anni, piano piano si è sparsa la voce, sono venuti anche gli addetti ai lavori, se ne sono accorte riviste come Time Out, il Village Voice. Lì è come mettere un dito nella sabbia, togli il dito e la sabbia si richiude subito. Bisogna insistere, continuare. Naturalmente continuerò a farlo solo per un periodo, e non perderò mai il contatto con l’Italia…».