Il presunto rapporto fiduciario Boccia – Sangiuliano. Meloni: dimissioni se commessi reati. Colle chiede rimpasto?

La vicenda di Maria Rosaria Boccia sedicente consigliera del Ministro della Cultura Gennaro Sangiuliano (che fra i primi il Telecorriere ha posto sotto osservazione percorrendo – va detto – un sentiero tracciato da Dagospia) si è ingigantita oltremodo. Cosa che, grazie a una maggiore e più pronta attenzione da parte della stampa in generale, sarebbe accaduta almeno una settimana prima. Ma tant’è. 

Il Premier Giorgia Meloni parla con Paolo Del Debbio, a “4 di sera”: «Mi garantiscono che (la Boccia, sedicente consigliera ndr) non ha avuto accesso a documenti riservati e che neanche un euro è stato speso per questa persona (…) il gossip lo lascio ad altri». Il Foglio, da par suo, scrive di «Menzogne, sicurezza compromessa, doni per ingraziare pavoni». 

E si chiede: «Può un governo temere la pubblicazione dei post di Boccia? Il governo può garantire che le informazioni di Boccia non siano state passate a terzi? Si è verificato sulle eventuali incompatibilità giudiziarie di una (non) consigliera? Sono domande. Meloni, a che titolo?». E continua: «Perché Sangiuliano non ha nominato Boccia consigliera? Meloni, sempre da Dal Debbio dichiara: “Il ministro mi dice che effettivamente aveva valutato la possibilità di affidare la collaborazione, ma ha deciso di non darla per chiarire alcune questioni”». «Al ministero, a metà agosto, si comincia a parlare di foto, di paparazzi che seguono Boccia e Sangiuliano – insiste Il Foglio – Boccia possiede del resto un album. Dopo Ferragosto, Sangiuliano fa marcia indietro, ma la storia del cv carente non regge. Boccia non è una collaboratrice, ma potrebbe essere una compagna, ma se fosse una compagna, un ministro non nomina la compagna consulente ai grandi eventi. (…) Un governo – insiste Il Foglio – deve tenere il telefono in mano, controllare il profilo di Boccia, che sta portando avanti un gioco di indovinelli. Il paradosso è che Boccia ha dimostrato davvero di saper comunicare. Sta comunicando tutta la vulnerabilità del governo. Meloni dice a “me interessa che non sia stato speso un soldo”, ma un ministero della Cultura che perde la faccia perde pure soldi. Meloni, a che titolo?». 

Secondo Repubblica «la premier ha fissato un’asticella: si dimette solo nell’eventualità che abbia commesso un reato.  Se si dovesse scoprire che nelle trasferte in cui Maria Rosaria Boccia ha accompagnato il titolare della Cultura è stato il ministero a pagare viaggi e hotel – in assenza di un incarico formalizzato – allora scatterebbe la richiesta di dimissioni. La leader le chiederebbe pur sapendo di avere a quel punto un enorme problema da gestire, visto che tra le sue priorità c’è quella di evitare a tutti i costi il rimpasto». E Parla di una Meloni «furiosa per quanto emerso». Repubblica rende anche noto che La Verità, quotidiano “vicino” al governo entra nella bagarre con un fondo pubblicato da Mario Giordano, che conosce bene Sangiuliano e a lui si rivolge: «Volevo chiederle se, gentilmente, può spiegarci come ha fatto quella gentile signorina […] ad accreditarsi così bene con lei. La premier ha bisogno di tutto, tranne che di ministri così tracotanti da fingere di non capire la differenza tra un abito da sposa e il G7 della Cultura». 

«Fuoco molto poco amico e doppiamente allarmante» lo giudica Repubblica. Che insiste: «Meloni teme, fortissimamente teme il rimpasto. Se infatti dovesse restare libera la casella dei Beni culturali la presidente del Consiglio potrebbe ritrovarsi nei prossimi sessanta giorni con tre ministri da sostituire. È noto infatti che in caso di rinvio a giudizio verrebbe chiesto a Daniela Santanché di lasciare. Quanto a Raffaele Fitto, volerà a Bruxelles per diventare commissario. La Lega punta a Cultura o Turismo. La premier non intende accontentare il Carroccio e vuole tenere per Fratelli d’Italia entrambe le poltrone. Per questo, proverà a scaglionare gli avvicendamenti […] proprio per evitare che il Colle imponga un vero e proprio rimpasto. Infine, un altro dettaglio non irrilevante: il 19 settembre si aprirà il G7 della Cultura. Senza ministro, sarebbe un problema di immagine e consenso. Che non lo diventi però anche con Sangiuliano in carica?».