Domani è attesa la sentenza per Filippo Turetta, imputato nel processo per l’omicidio di Giulia Cecchettin. Intanto lui scrive dal carcere: «Faccio fatica a scriverlo perché adesso mi sembra ridicolo e brutto come pensiero, ma mi sembrava ingiusto che io avessi intenzione di suicidarmi e lei in questo non avrebbe vissuto e avuto alcuna conseguenza quando, secondo me, quei giorni – per la maggior parte – erano le sue scelte ad avermi portato a quella situazione. E’ veramente difficile da ammettere ma la verità è che avevo pensato che avrei potuto toglierle la vita» (…) «nella mia testa non ci sarebbe mai potuta essere una persona diversa da lei nella mia vita. O lei o niente: era tutto per me. Io avevo concentrato tutta la mia vita su di lei e in un certo senso tutto quello che facevo lo facevo perché la riguardava in qualche modo. (…) Lei era la prima ed unica per me a qualunque costo il nostro destino era di restare insieme per sempre ed era tutto quello che volevo e per cui avrei fatto qualsiasi cosa» scrive. «Non vedevo la minima luce a cui aggrapparmi. Lei si stava sempre più allontanando da me in quel momento e non vedevo nessuna possibile inversione di rotta all’orizzonte, anzi (…) Quello che ho fatto è veramente terribile e grave e penso che sia molto, ma molto difficile perdonare delle azioni di questo genere. E semmai fosse ammissibile una minima apertura su un discorso di perdono io penso sia necessario tempo, molto tempo. (…) Io non mi sentirei affatto di volere o chiedere del perdono a nessuno in questo momento. Anche se fosse concesso io penso non sarebbe reale sentito ma sarebbe qualcosa che mi sembra un po’ falso, superficiale. Mi dispiace. Mi dispiace infinitamente per tutto quello che ho fatto».